Edificato all’estremità di una propaggine sempre illuminata dal sole, da qui il nome di Montoro da Monte d’Oro, il castello compare per la prima volta nelle fonti scritte  nell’anno 895 quando il principe di Salerno, Guaimario, diretto a Benevento, con la sua scorta sostò nel castello a causa di un temporale. Sicuramente la sua fondazione è anteriore, potrebbe essere  conseguente alla presa di Salerno da parte di Arechi II (758-787) oppure edificato in seguito alla divisione del grande ducato beneventano dell’849, quando sotto la minaccia delle frequenti incursioni saracene (860-913), tra le strategie di difesa messe in atto dal dominio longobardo furono fondati castra nei punti strategici per la comunicazione tra il versante tirrenico e il versante adriatico.

Tra la seconda metà del sec. X e la prima metà del sec. XI, il castello divenne parte importante di un sistema generale di governo del territorio, centro di attività giurisdizionale e residenziale, senza perdere ovviamente le sue caratteristiche difensive. Il potenziamento del castello era la conseguenza di un’istanza di natura economica: la colonizzazione delle fertili terre montoresi e il ripopolamento di zone abbandonate (secc. X-XI).

Nella prima metà del sec. XI Montoro nella documentazione compare come actus, ossia un distretto amministrativo autonomo finibus salernitane (a. 1027) e il castello divenne  il simbolo dell’autonomia e della giurisdizione esercitata da esponenti dell’aristocrazia longobarda. Dalla documentazione scritta risulta che il castello aveva caratteristiche residenziali con abitazioni, strutture di servizio e spazi vuoti destinati all’agricoltura: vi era anche la chiesa di Santo Stefano.

Borgo, Castello (Archivio T. Colamarco)

  Con l’arrivo dei Normanni Montoro divenne un importante feudo degli eredi di Torgisio de Rota, poi Sanseverino; il castello venne ristrutturato sulla base del nuovo modello signorile, importato nell’Italia Meridionale da Normanni, e divenne anche  sede della curia dei Sanseverino; nel castello avvenivano riti di investitura della feudalità minore:  il 20 gennaio del 1109 (?) Guglielmo Carbone figlio di Riccardo signore del castello di Monteforte, prestò omaggio vassallatico a Roberto, figlio di Ruggiero, signore feudale di San Severino e di Montoro, presente all’investitura feudale. Il castello era affidato alla custodia di una stabile guarnigione con a capo nel 1183 un  certo Eustasio castellano; 1098 il castello era controllato da Giovanni giudice con la qualifica di Visconte.

 In seguito  alla congiura contro il re Guglielmo I ai Sanseverino vennero confiscati alcuni feudi fra cui Montoro, assegnato per la sua fedeltà al ramo casertano della famiglia: iniziò la serie dei Sanseverino-Lauro conti di Caserta, signori di Montoro.

Nella seconda metà del sec. XII vennero costruite la seconda cinta muraria,  la chiesa di San Matteo, documentata per la prima volta nel 1190 interna al castello.

Durante l’età sveva il castello di Montoro  risulta per metà regio e per metà appartenente a Riccardo di Sanseverino, conte di Caserta, che ebbe dalla curia l’ordine di ristrutturare il castello, dividendone le spese. Riccardo sposò Violante, figlia naturale di Federico II, per cui entrò in possesso anche dell’altra metà del castello che da lui venne ristrutturato ed ampliato, come si può desumere dalle evidenze archeologiche riconducibili all’età sveva. Probabilmente la  parte sommitale del  castello venne trasformata in residenza gentilizia.

Borgo, Torre Normanna e bassa torre circolare aragonese (Archivio T. Colamarco).

Riccardo, rimasto vedovo, in seconde nozze sposò Berardessa del Duca a cui diede come dono nuziale il castello. Forse per volontà della stessa contessa Berardessa e sotto la spinta di una forte devozione popolare, venne fondata la chiesa di San Pantaleone, documentata per la prima volta nel 1293: essa aveva funzioni parrocchiali e fino al secolo XVI è stata considerata la chiesa più importante di Montoro.            

   La conquista angioina provocò un cambiamento esteso nella nobiltà feudale; il castello venne prima assegnato a militi angioini e poi pervenne a Pietro de Suria, secondo marito di Berardessa. Nel 1299 il feudo passò al fisco e fu donato dal Carlo II a Bartolomeo Siginulfo, camerario del Regno, il quale  istituì il mercato settimanale  ai piedi del castello nella località che poi si chiamò Mercatello e una fiera annuale di 10 giorni a partire da S. Stefano.

Nel 1313 il feudo di Montoro venne concesso a Diego de la Rath

   In età angioina il castello conservò le sue caratteristiche strategiche all’interno del sistema difensivo del Principato. Nel 1289 in previsione dell’invasione  del principato di Giacomo d’Aragona, vennero preposti  alla difesa di Montoro come regi commissari i militi Giovanni de Salerno e Giovanni de Bene di Firenze. Nel 1311 il re ordinò al Castellano di custodire  all’interno del fortilizio tredici baliste.

  Nella tarda epoca angioina e in quella aragonese il castello subì una serie di adeguamenti tecnologico-militari conseguenti all’introduzione e alla diffusione delle armi da fuoco, come dimostra una bassa torretta circolare dotata di cannoniere e fuciliere.

Nel sec. XV il feudo di Montoro, acquistato da Bernardo Zurlo nel 1405,  era molto importante sia per la sua posizione geografica di passaggio tra il Tirreno e l’Adriatico, sia per la particolare redditività delle terre montoresi; il  castello era una rocca inespugnabile: circondato da 3 cinte murarie (2 dalla parte delle serre) e naturalmente difeso da tre lati,  dava un rifugio sicuro agli abitanti del territorio in caso di attacco nemico.

Nella guerra tra Renato d’Angiò e Ferdinando d’Aragona  per la successione al trono del Regno di Napoli (1459-1463), la valle di Montoro fu sede dello scontro tra grandi baroni del Regno e famosi condottieri di ventura; il castello, strenuamente difeso da 200 fanti, dalla guarnigione interna e dagli abitanti del posto, subì un duro assedio durato 14 giorni, a partire dal 9 febbraio 1461. Alla fine gli abitanti, per evitare il “il guasto” alle coltivazioni, si arresero agli angioini; ma questi, non rispettando i patti,  saccheggiarono e bruciarono il territorio.

Nel 1495 per aver parteggiato per Carlo VIII, il feudo venne requisito al feudatario Francesco Zurlo e assegnato l’anno dopo ad Isabella Carafa moglie del figlio  Bernardo. Iniziò un periodo di splendore e sviluppo del territorio, ma di declino per il castello che perse la sua centralità nell’habitat, risultando superfluo  per le mutate condizioni economiche e politiche. I signori di Montoro si trasferirono in pianura, nel  Palazzotto delli Mirandi, tra Piano e  Figlioli. L’antico centro medievale con il passare del tempo divenne sempre più spopolato e inaccessibile, a vantaggio dei dinamici villaggi della pianura e del fondovalle. Il castello, danneggiato dai terremoti e dalle armi da fuoco, venne abbandonato.

   Confiscato di nuovo nel 1527 per aver il conte Bernardo Zurlo appoggiato i francesi, il feudo passò ai de Capua fino al 1792, quando pervenne al demanio regio. 

Oggi il castello è un rudere di proprietà privata.

Teresa  Colamarco

 

Bibliografia

  1. Colamarco, Il Complesso Monumentale del Corpo di Cristo di Borgo nella Storia (secc. xii-xviii), Bracigliano (SA), pp. 12-41 e bibliografia ivi.